La società del lavoro impalpabile

La “quantità di lavoro” impiegata da un sistema economico è un insieme determinato? La domanda è tutt’altro che teorica. L’Istat per esempio ci dice che l’Italia per fare il suo Prodotto interno lordo, compresa la ricchezza creata dall’economia sommersa, ha bisogno di circa 25 milioni di “unità di lavoro”, cioè di persone che lavorano a tempo pieno.
Che cosa cambia se questa “quantità di lavoro” è fornita secondo mix differenti? Per esempio con più anziani e meno giovani, o con un maggior apporto delle donne alle attività produttive? E’ vero che, come pensano molti politici, il lavoro che si dà agli uni viene tolto agli altri? Che se per esempio si ritarda l’età pensionabile si rinvia l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro?

Pierferdi, perché fai così?

“Le famiglie italiane sotto la soglia di povertà sono passate in un anno da due milioni e mezzo a sette milioni e mezzo”. Quando ho sentito Pierferdinando Casini fare questa affermazione, nel corso del dibattito promosso da Società aperta il 4 novembre a Roma, ho fatto un salto sulla sedia.
Per caso mi ero appena stampato la nota che l’Istat aveva diffuso quel giorno stesso. In realtà, dal 2006 al 2007 le famiglie povere sono passate da 2milioni 623mila a 2milioni 653 mila, mentre gli individui in povertà da 7milioni 537mila a 7milioni 542mila. In percentuale, le famiglie povere sono rimaste all’11,1% del totale e gli individui in povertà sono scesi dal 12,9 al 12,8%. Insomma, la situazione era rimasta stabile, altro che povertà triplicata.
Pur non conoscendo personalmente Casini, mi sono permesso di portargli il comunicato Istat e di fargli presente l’errore.

Perché tutti si sentono più poveri

“Non ci credono neanche le nostre mogli…”. Mi capita spesso di imbattermi nella frustrazione di economisti e statistici, convinti che gli indici dei prezzi sono sostanzialmente corretti, ma che devono combattere con l’incredulità generale e con la convinzione che “i prezzi sono raddoppiati con l’euro, mentre gli stipendi sono rimasti uguali”.
C’è in Italia una generale percezione che il Paese si stia impoverendo e che “la gente non ce la fa ad arrivare a fine mese”. Fosse anche una sensazione esagerata (ne parleremo), resta il fatto che questo è un sentimento che si amplifica attraverso i mezzi di comunicazione, modifica i comportamenti economici, finisce coll’incidere pesantemente sulla politica.
A questo sentimento contribuiscono anche errori di comunicazione come quelli commessi dall’Istat nel diffondere senza adeguate spiegazioni ex ante l’indice sugli acquisti più frequenti (si veda a questo proposito il mio precedente post e il bell’articolo di Dario Di Vico), strumentalizzazioni da parte di associazioni di consumatori, dati diffusi da istituti di ricerca poco attendibili e persino l’agenzia stampa dei vescovi che ha presentato il nuovo dato come la “vera inflazione”.Come stanno davvero le cose?

Quel pasticciaccio brutto dei nuovi indicatori dei prezzi

La tabella sui beni “ad alta frequenza di acquisto” diffusa venerdì 22 febbraio dall’Istat ha creato una bella confusione politica, tanto che il presidente dell’Istituto Luigi Biggeri ha dovuto spiegare la natura di questi dati con ampie interviste rilasciate ai maggiori giornali. Tra l’altro, il sito dell’Istat è rimasto inaccessibile per buona parte del sabato, e questo non ha certo facilitato il lavoro degli studiosi che cercavano di interpretare la bomba statistica scoppiata il giorno precedente, con la diffusione del solito comunicato sui prezzi al consumo relativo al mese di gennaio, ma anche di una nota di approfondimento che conteneva appunto la tabellina esplosiva.
Cerchiamo di capire il vero senso dei nuovi dati, utilizzando anche le ampie informazioni metodologiche fornite dall’Istat.

Giovannini: come cambia il sistema statistico internazionale

Ecco il testo della mia intervista a Enrico Giovannini, chief statistician dell’Ocse, pubblicata sul numero di giugno della rivista bimestrale EAST, Europe and Asia STrategies, che è pubblicata in italiano e in inglese. La ripropongo ora perché Giovannini ha appena annunciato sulla newsletter dell’Ocse la prossima conferenza internazionale di Istanbul, nel giugno 2007, dedicata (come quella di Palermo del 2004) al rapporto tra statistica e democrazia.