Riprendo con grande piacere ad aggiornare il mio blog, dopo la pausa tecnica dovuta alla modifica del sito, peraltro ancora in fase di messa a punto. Queste settimane di “astinenza” mi hanno indotto a riflettere su quello che avevo scritto, a rivedere e integrare alcune delle considerazioni espresse in precedenza. Darò un po’ di spazio, in questi giorni, ad alcuni aggiornamenti. A cominciare da quello sulla questione del “top down” e “bottom up” . Forse qualcuno lo ricorda: in un mio precedente post ho cercato di far vedere come solo la combinazione tra le esperienze che nascono dal basso (bottom up) e la capacità di governo politico (top down) può dar luogo a cambiamenti davvero significativi.
A questa formula un po’ schematica, ma che oggi più che mai mi sembra giusta, desidero aggiungere un ingrediente fondamentale, un catalizzatore indispensabile: “la pietas come sentimento politico che può unire il mondo”. La riflessione mi deriva dallo spettacolo “La notte delle lucciole”, scritto e diretto da Roberto Andò e interpretato da Marco Baliani, che ha portato in scena testi di Pier Paolo Pasolini e Leonardo Sciascia, legandoli anche a vicende relative al rapimento di Aldo Moro. Ed è rafforzata dal libro dello stesso Baliani L’amore buono e dalle recenti vicende del Kenya.
La necessità della pietas, cioè di un sentimento comune nel nostro modo di porci verso la collettività umana, che si tratti del proprio paese o dell’umanità, è a mio avviso il filo conduttore del recente lavoro di Baliani, l’attore che ha dedicato un periodo importante della propria vita ai ragazzi emarginati delle periferie di Nairobi, trasformandoli in attori dapprima nel Pinocchio nero, poi organizzando con un gruppo di loro, con il supporto di Amref, uno spettacolo di “pronto soccorso artistico” contro l’Aids. Propagandando, appunto, l'”amore buono” che non solo è fatto col condom, ma presuppone il rispetto reciproco, la non violenza nelle relazioni, la parità tra i sessi.
Nel suo ultimo libro, Baliani ondeggia tra l’entusiasmo per la risposta dei ragazzi di Nairobi ai suoi stimoli e lo sconforto per la quantità di violenza che pervade il mondo africano. Una violenza che si accentua nelle periferie urbane perché gli uomini, come i grandi e pericolosi bufali, diventano molto più aggressivi quando lasciano il branco (la tribù, il villaggio) e affrontano la savana (o la città) da soli. Il libro di Baliani finisce con una nota positiva (l’entusiasmo dei ragazzi per il nuovo spettacolo), ma purtroppo le recenti stragi del Kenya dimostrano che il substrato di tensione e di odio è tanto forte da cancellare in pochi giorni il lavoro di anni .
Purtroppo le tensioni nel mondo aumenteranno: perché la guerra contro il terrorismo fondamentalista non è ancora vinta e c’è una parte della popolazione mondiale che vede nella distruzione dell’altro il suo obiettivo di vita; perché aumentano gli squilibri tra ricchi e poveri, che non sono più il Nord contro il Sud, o Ovest contro l’Est, ma è comunque uno squilibrio che spacca a metà l’umanità, tra chi fa parte e chi non fa parte di un sistema in crescita; perché la Terra è sovrappopolata e la cecità dei cattolici e degli islamici (testimoniata anche dall’ostruzionismo al lavoro di Baliani in Kenya) non facilita il contenimento delle nascite; perché il riscaldamento climatico ormai in atto contribuisce alla migrazione di milioni di persone.
Io credo nella governance mondiale, l’ho detto e scritto più volte, e credo nell’importanza sia delle esperienze dal basso che di soluzioni politiche globali valide. Ma da Baliani ho imparato che il modo in cui queste esperienze e soluzioni si praticano è fondamentale. Di fronte al male dilagante non possono nulla né le iniziative locali bottom up né le ricette politiche intelligenti top down, se manca il cuore, la capacità di trasmettere solidarietà ed empatia. La pietas, appunto. E’ una riflessione che vale per l’Africa, ma non è un caso (mutatis mutandis. per fortuna, perché in Italia non ci ammazziamo con i machete) vale anche per la lotta partitica in questo Paese. E non a caso proprio in questo momento Baliani ha voluto ricordarci Sciascia, Pasolini e il caso Moro, con scritti e vicende che bollano l’astrattezza di una politica fatta solo di comportamenti burocratici, di progetti cattivi, di mancato rispetto per l’altro.