I funerali di mio fratello si sono svolti ieri mattina nella chiesetta di Ghirla, in una giornata di sole, resa ancor più luminosa dalla neve sulle montagne che circondano la Valganna. Gigi stava poco bene da qualche mese, ma nessuno aveva diagnosticato la gravità del male che in pochi giorni ha segnato la fine della sua vita: è stato ricoverato all’ospedale di Luino il 5, è morto il 15.

Dei tanti tributi che gli sono stati resi, mi piace ricordare l’articolo di Dario Fertilio sul Corriere, ma anche il lancio della Adnkronos che titolando “E’ morto Gigi Speroni, grande divulgatore della nostra storia” ha dato l’ impronta a quasi tutti i commenti comparsi sul web. I necrologi delle autorità milanesi hanno ricordato il suo ruolo di cittadino benemerito di Milano.

Nella cerimonia, dopo il parroco di Ghirla (il quale ha ricordato che Gigi, tra i suoi libri, ha scritto anche Le voci di Dio, raccogliendo cento prediche dei padri gesuiti) abbiamo parlato in due: prima io, poi suo figlio Matteo con poche commoventi parole. Ecco quello che mi sono sentito di dire.

Gigi avrebbe compiuto oggi 81 anni. Ci separavano tredici anni e una storia personale in parte diversa. Lui era cresciuto negli anni duri della guerra e dell’immediato dopoguerra: un ragazzo con una gran voglia di scrivere, in una fase storica in cui trovare lavoro era molto difficile…

Ricordo ancora le fatiche del suo primo lavoro, con La Notte di Nino Nutrizio. All’epoca tra Milano e Roma si viaggiava in vagone letto. E Gigi al mattino alle sette e la sera alla partenza dei treni era alla Centrale per compilare la rubrica “Chi parte e chi arriva”. Un lavoro modesto ma non facile.

Poi Gigi ha fatto carriera, alla Domenica del Corriere, al Corriere stesso, nelle televisioni del gruppo Rizzoli. Si divertiva a chiamarmi “il mio fratello serio”, perché lui si occupava prevalentemente di spettacolo mentre io scrivevo di economia e politica, ma in realtà la serietà era nel suo modo onesto di raccontare quello che vedeva, senza pregiudizi.

Non ci vedevamo molto, io quasi sempre a Roma, lui radicato a Milano. E quando a Milano andavo a trovare lui e Mirella parlavamo di giornali e di politica. Col tempo avevamo smesso di fare quelle discussioni politiche che preoccupavano nostro padre; le nostre idee si erano molto avvicinate. Parlavamo molto del mondo dei media. Una passione che ha unito anche Mirella, che tra l’altro è stata titolare per Radio Montecarlo di una rubrica quotidiana di posta con gli ascoltatori, Il cuore ha sempre ragione?, che superò le duemila puntate consecutive. Era una rubrica molto coraggiosa per i tempi. Ricordo che raccontai a Gigi che quando comprai la mia casa in Toscana, dove negli anni ’70 si ascoltava molto radio Montecarlo, la trasmissione era così popolare che fui immediatamente etichettato come “il cognato di Mirella Speroni”. Gigi era orgoglioso di quello che faceva sua moglie. Così come era orgoglioso del lavoro di suo figlio Matteo, giornalista del Corriere e anche lui – lo posso dire con certezza – scrittore di talento.

Gli anni della pensione, Gigi li ha messi a frutto scrivendo libri storici, che hanno ottenuto molti riconoscimenti. Ma ha scritto anche qualche romanzo; ne ricordo uno, profetico: La notte del duemila, che anticipava il dramma dei grandi contrasti tra nord e sud del mondo. Nei mesi scorsi mi diceva che aveva un’idea nuova. Non ne voleva parlare per scaramanzia, non ha fatto in tempo a realizzarla.

Mi rendo conto che sto parlando di Gigi giornalista più che di Gigi fratello, ma il giornalismo dà un imprinting che non si cancella. Matteo mi ha raccontato che pochi giorni fa, in un momento in cui la malattia cominciava a fargli perdere lucidità, aveva detto a Mirella: “Devo scrivere l’articolo…” Anch’io spesso di notte sogno di dover scrivere un articolo o chiudere il giornale.

L’umanità di Gigi si è vista pienamente nei sei anni di lavoro come direttore dell’Istituto Carlo De Martino per la Formazione al Giornalismo, dal 1999 al 2005. Gli piaceva lavorare con i giovani, consigliarli anche fuori dalle ore di lezione, usare la sua vastissima rete di relazioni per mettere a loro disposizione i migliori docenti. E i giovani (molti di loro sono adesso nei giornali, anche con posizione di responsabilità) hanno ricambiato con gratitudine questo suo impegno. Anche per questo suo lavoro, nel 2004 gli fu attribuito l’Ambrogino d’Oro di benemeranza civica, il più prestigioso riconoscimento del Comune di Milano. Gigi ne fu molto orgoglioso, perché sentiva che rispecchiava l’ amore per la città dove aveva vissuto la sua vita professionale.

E’ stata una vita bella e piena, quella di Gigi, e mi sembrava che meritasse di essere raccontata. Qualche mese fa gli chiesi perché anziché cercare soggetti storici più lontani, non scriveva la sua storia personale: i tanti personaggi conosciuti (un ricordo tra i molti: le battaglie combattute al fianco di Enzo Tortora, ingiustamente accusato di camorra) gli aneddoti, le vicende dei giornali e delle prime televisioni private, che Gigi visse in prima persona. Ma lui aveva scrollato le spalle: “a chi vuoi che interessi… e poi dovrei dir male di qualche amico…” denotando due delle sue caratteristiche: la delicatezza nei confronti dei colleghi, anche quando forse non lo meritavano, e la modestia che lo ha sempre portato a rifuggire dai personalismi. Il bel pezzo di Dario Fertilio, sul Corriere di ieri, era titolato “Gigi Speroni, giornalista sempre gentiluomo”. Credo che non possa esserci riconoscimento migliore.

Ciao fratellone, ti voglio bene e sarai sempre nel mio cuore.

1 commento

  1. buffo, ho messo su FB l’articolo di Fertilio PRIMA di leggere il tuo pezzo. niente da fare, mi hai modellata! ;-)
    grazie per dividere con te il tuo dolore e bei ricordi, ti sono accanto.
    bacioni dalla tua “figliastra”

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