Per l’Economist le donne sono oggi il più importante motore dello sviluppo mondiale. E l’Italia è in forte ritardo, tanto da essere al penultimo posto in Europa per tassi di occupazione femminile, soprattutto per la disastrosa situazione del Mezzogiorno. Dopo aver partecipato al gruppo di lavoro che ha redatto la Nota Aggiuntiva voluta dal Ministro Bonino per imporre un “cambio di passo” su questo tema, ho scritto un articolo per East, Europe and Asia Strategies, che potete leggere in italiano e in inglese.“Women are now the most powerful engine of global growth”, says The Economist. Womenomics are getting more and more important, and Italy is among the European countries where the female employment rate is lower. I had the occasion to work on this topic with a group who has been in charge of preparing the official “Nota Aggiuntiva” on “women, innovation and development”. This document is a specific annex which Minister Emma Bonino this year attached to the Lisbona Report presented to the European Commission, in order to underline the need of a “faster pace” in fostering the quantity and quality of women’s employment. After this interesting experience I wrote an essay in Italian and English for East, Europe and Asia Strategies.
Nei mesi scorsi ho collaborato intensamente con il gruppo di lavoro coordinato da Carmela De Caro, responsabile del Dipartimento per le Politiche Comunitarie della Presidenza del Consiglio, per la redazione della “Nota Aggiuntiva” sull’occupazione femminile che è stata presentata, insieme al Rapporto sull’attuazione in Italia degli Obiettivi di Lisbona, dal presidente del Consiglio Romano Prodi il 23 ottobre.
La Nota scaturisce dal ruolo di Emma Bonino, ministro per l’Europa e per il Commercio Internazionale, che in Italia è “Madame Lisbona”, cioè la persona che nell’esecutivo ha il ruolo di vigilare sui progressi (e sui ritardi) nel percorso italiano per contribuire rendere l’Europa più competitiva entro il 2010. Alla Bonino, con il concorso delle colleghe Barbara Pollastrini (Pari Opportunità) e Rosy Bindi (Famiglia) si deve la decisione di promuovere questo documento, che si propone di far fare un “cambio di passo” alle politiche per l’occupazione femminile. Una scelta importante per due motivi.
Innanzitutto perché, come racconto negli articoli in italiano e in inglese pubblicati dalla rivista East, Europe and Asia Strategies, segnalato anche da Terza Repubblica, le “womenomics” stanno diventando sempre più importanti nell’economia mondiale. Verrà infatti dalle donne l’impulso più importante alla crescita nel prossimo futuro. In secondo luogo, perché l’Italia è particolarmente in ritardo: il tasso di occupazione femminile è al penultimo posto nell’Europa a 27 (peggio di noi c’è solo Malta) e soprattutto nel Sud le donne, anche giovani, hanno rinunciato a cercare lavoro. Mentre invece i Paesi sviluppati dove le donne lavorano di più fuori dalla famiglia (con supporti sociali adeguati) sono anche quelli che risentono meno del rallentamento demografico.
Servirà a qualcosa la Nota aggiuntiva, anche se la Finanziaria 2008 è così povera di interventi a favore dell’occupazione femminile? Io penso che sia solo un primo passo. Anche l’ illustre omonimo di questo documento, la “Nota Aggiuntiva” del ministro del Bilancio Ugo La Malfa che nel 1962 propose per la prima volta la politica dei redditi, ebbe un pieno compimento soltanto negli anni ’90, con gli accordi di concertazione che consentirono la moderazione salariale, l’uscita dalla crisi e l’ingresso nell’euro. Questa volta si spera di non dover aspettare trent’anni, ma non c’è dubbio che il percorso per far crescere il ruolo delle donne fuori dalla famiglia è lungo e complesso. Investe comportamenti pubblici (soprattutto per i servizi sociali, che in larga misura dipendono dagli enti locali), atteggiamenti delle aziende, che considerano spesso l’occupazione femminile più costosa di quella maschile e comunque “plafonano” la crescita professionale delle donne, mentalità consolidate che scaricano sulle donne tutto il peso delle attività di famiglia e di cura degli anzani, ma anche resistenze nel mondo sindacale e delle associazioni femminili, che per esempio hanno visto con molta diffidenza il part time, considerandolo uno strumento di emarginazione. Insomma, un problema complesso. Ma è importante che la Bonino abbia scelto di farne un perno delle politiche di Lisbona in Italia, che questa idea abbia trovato un clima favorevole nell’intero governo e che di questo tema si discuta oggi più che in passato.

2 commenti

  1. dal 2007 ad oggi cosa è successo?

    C’è un gran da farsi negli USA e in vari paesi europei. In Italia ci aggiriamo sempre attorno ai stessi problemi (assenza di meritocrazia, niente servizi elementari per assicurare la conciliazione lavoro-famiglia, media che riproducono sempre gli stessi stereotipi) e non ne usciamo fuori.

    cosa si può fare?

    Serena Romano

  2. Credo sarebbe assolutamente necessario interrogarsi sul “lavoro di cura” che grava sulle donne. Non è solo una questione di energie fisiche e del tempo sottratto all’attività lavorativa; è anche una questione di liberare le energie mentali delle donne. Se il lavoro di cura, l’organizzazione della “buona” vita di tutti, non dipenderà più solo dalle donne e, soprattutto, le donne non sentiranno più il lavoro di cura come un loro dovere, potranno liberare le loro ambizioni, i loro desideri e la loro progettualità. Noi ne parleremo a Paestum il 5, 6 e 7 ottobre 2012. Certo è un post che arriva un po’ in ritardo rispetto alla data del tuo articolo ma… meglio tardi che mai. Non trovi? Per Serena: l’argomento ti interessa? Che ne pensi? E tu Donato?

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