Il miglioramento dei dati congiunturali spinge ad affermare che l’Italia non rischia più il declino. Il sistema economico ha saputo rispondere alle sfide della globalizzazione nonostante le carenze del sistema politico. Quale declino, dunque, bando al pessimismo!
The Italian economy is in better shape and some analysts say that we don’t have to worry any more about the country’s decline. But Italy is now facing something worst: decay, because the stale of the political system makes it impossible to solve the most important problems: school, justice, criminality, political patronage.
Che le cose non stiano esattamente così è già stato spiegato, tra gli altri, da Enrico Cisnetto: se l’Italia cresce a una velocità inferiore alla media europea, il risultato sarà comunque un calo del reddito pro capite rispetto alla media del continente, quindi un ulteriore declino. Inoltre non sappiamo quanto durerà questa ripresa, su quali modifiche strutturali si basa ed è quindi impossibile affidarsi ad essa per giustificare una politica di minore austerità .
A queste giuste considerazioni ne vorrei aggiungere un’altra: il vero rischio dell’Italia, in questo momento, è di passare dal declino al degrado: da una graduale involuzione economica dovuta alla mancanza di una politica adeguata, a una situazione di deterioramento strutturale: delle istituzioni politiche, ma anche della società civile, a causa dell’impoverimento del capitale umano, della diffusione di costumi clientelari e comportamenti malavitosi, della sfiducia nelle possibilità di cambiamento.
Ci sono fenomeni, ampiamente documentati, che segnano un nostro graduale distacco dal resto dell’Europa. La qualità delle scuole e delle università con l’incapacità di applicare al sistema educativo dei criteri di selezione dei finanziamenti in base al merito è certamente uno di questi. La paralisi della giustizia; la constatazione che intere regioni sono costantemente dominate dalla malavita organizzata; lo stile politico prevalente in molte amministrazioni locali, ben raccontato da trasmissioni televisive di fronte alle quali non si sa se ridere o piangere; tutto porta a dipingere un quadro di un Paese magari con qualche decimo di punto di Pil in più, ma sostanzialmente allo sbando, con una sinistra di governo che minimizza la gravità dei fenomeni e una destra d’opposizione che fa di tutto per impedire anche quel poco che il governo vorrebbe fare.
E’ anche un Paese meraviglioso, di gente che si dà da fare, inventa imprese e nuovi lavori, manifesta solidarietà in mille iniziative sociali, dimostra intensi interessi culturali nonostante le carenze della scuola e i messaggi negativi della televisione. Ma senza una risposta politica non si va lontano. Una volta, di fronte alle carenze del sistema italiano, si confidava nel “vincolo esterno”, nelle imposizioni che ci arrivavano dall’Europa. Oggi purtroppo l’Europa celebra i suoi successi passati ma si interroga sul suo incerto futuro. E certamente non esiste una “Maastricht politica” che, alla stregua del mitico tre per cento di rapporto tra disavanzo e Pil, ci imponga livelli qualitativi minimi nella pubblica amministrazione, nella giustizia o nella scuola. Forse la recessione è passata, forse siamo più ricchi. Ma certamente non possiamo dirci più ottimisti.
Non voglio difendere l’attuale governo che è una dichiarata armata brancaleone, incapace di affrontare come Lei dice i reali problemi del paese, però, a mio giudizio, il vero problema dell’Italia ha un nome e cognome: Berlusconi.
Una volta si votava DC turandosi il naso, adesso molti – compreso chi scrive – vota il centro sinistra per lo stesso motivo.
CordialitÃ
Rispondo al commento di Stefano Lamberti. Sono d’accordo con lui. Anch’io alle ultime elezioni ero convinto che il primo passo necessario fosse un cambio di governo, per arrestare il declino del Paese. Penso che il governo Berlusconi ci abbia fatto perdere anni preziosi. Però la tendenza a perdere tempo e a sprecare risorse purtroppo non si è arrestata.