Lo avevo scritto nel mio blog precedente, lo conferma autorevolmente Luca Ricolfi sulla Stampa di sabato 3 marzo: le sinistre in Italia sono tre: due sinistre radicali e una sinistra cosiddetta riformista, che in realtà sta riformando sempre meno.
Io avevo distinto tra una sinistra radicale velleitaria e mugugnona e una sinistra radicale impegnata seriamente a cambiare il Paese e il mondo che ci circonda. Ricolfi distingue tra una sinistra radcon, radicalmente conservatrice, e una sinistra radcam, che ha come stella polare il cambiamento delle regole del sistema Italia.

La vaghezza delle tesi velleitarie e massimaliste emerge chiaramente, per esempio, dai quattro punti programmatici esposti dal trotzkista Marco Ferrando al Corriere: no a far parte di governi legati ai poteri forti, conquista del potere da parte dei lavoratori come auto – organizzazione di massa (???), programma ponte (???) tra obiettivi immediati e prospettiva finale, ricostruzione dell’organizzazione rivoluzionaria internazionale dei comunisti. È chiaro che con gente così, che parla solo di schieramenti ma mai di obiettivi concreti, non si può gestire non solo un Paese, ma neanche un condominio. E quando si schiera, questa gente, lo fa sempre contro le riforme, nella condizione che, come dice Ricolfi, “queste possano solo peggiorare le condizioni dei lavoratori”. Ecco perché si tratta di una sinistra oggettivamente conservatrice.
L’altra sinistra oggi unisce tutti quelli che, pur senza essere disposti ad avallare un ritorno al governo di centro destra, sono profondamente insoddisfatti del governo Prodi per la sua scarsa capacità riformatrie. Ne fanno parte anche diversi ministri in carica, anche se non possono parlare liberamente. Dice Ricolfi: “Di questa sconfitta hanno preso pubblicamente atto solo Nicola Rossi, che si è dimesso dai Ds, e Daniele Capezzone, che si è rifiutato di votare la fiducia al governo, ma basta parlare con un esponente qualsiasi dell’area liberal per rendersi conto di quanto la delusione sia cocente e diffusa”. E mi sembra opportuno precisare che quando si parla di area “liberal” non si intendono solo liberali o liberisti, ma tutti quelli che ritengono che le disuguaglianze si combattono “promuovendo il merito”, mentre “l’immobilismo finisce col punire i ceti deboli, confinandoli nella loro condizione di subalternità”.
Infine la terza sinistra, quella che per Ricolfi è “l’azionista di maggioranza del governo Prodi”. I leader di Ds e Margherita. La sinistra che “parla come la sinistra modernizzatrice ed agisce come quella conservatrice”. Vorrebbe cambiare l’Italia, ma pensa di poterlo fare solo assieme a chi ha paura del cambiamento. Il Partito democratico che questa sinistra vuole creare rischia di essere un grande coagulo di potere senz’anima e senza idee.
Come si esce da questa situazione? Molto dipenderà dalla futura legge elettorale. ma una cosa mi sembra certa. Se una futura formazione di centro – sinistra nasce senza recuperare la sinistra socialista, liberale, democratica, radicale che è autenticamente impegnata a costruire un diverso progetto di Paese, sarà certamente condannata. Alla sconfitta nella competizione con gli eredi di Berlusconi, nel caso di un sistema bipolare. Alla subalternità rispetto alle componenti ex democristiane nel caso prevalga un meccanismo proporzionale.

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