Il grande forum dell’Ocse di Roma ha sancito il progresso della statistica e l’impegno perché i dati sul benessere collettivo si traducano in azioni concrete. Oggi però si prospetta un nuovo pericolo perché la filosofia di smantellamento dello Stato sostenuta dalla nuova amministrazione americana (e non solo) può minacciare anche la gestione e la comunicazione dei dati, subordinandola al potere politico come già avviene negli Stati autoritari.

Due anni fa, sul mio blog Numerus sul sito del Corriere della Sera e su futura network, provai a tracciare un consuntivo dell’evoluzione della statistica da quando nel 2011 era nato questo blog, concepito per raccontare i rapporti tra la politica e la gestione dei dati e soprattutto l’evoluzione verso le nuove misure del benessere collettivo “oltre al Pil”. Il bilancio era sostanzialmente positivo: grande disponibilità di dati anche grazie al tracciamento di tutti i nostri comportamenti online, seppure con seri problemi nella gestione di questi “big data” e per la tutela della privacy; diffusione in tutto il mondo delle statistiche di qualità, grazie agli di sviluppo sostenibileche devono misurare in ogni Paese i progressi verso i 17 obiettivi sostenibili dell’agenda 2030 dell’Onu e i loro 169 target; ulteriori avanzamenti nell’evoluzione degli indicatori “beyond Gdp”.

Da allora possiamo riscontrare ulteriori passi avanti: i grande Forum dell’Ocse che si è tenuto a Roma, a vent’anni di distanza dal primo incontro di Palermo su “statistics, knowledge and politics” ha offerto un nuovo momento di riflessione, con oltre mille partecipanti da tutto il mondo, sulla necessità non solo di migliorare le statistiche sul benessere collettivo, ma anche di interrogarci sulle azioni necessarie per affrontare i problemi che queste descrivono. Inoltre sul piano tecnico le statistiche sono ulteriormente migliorabili, come emerso dall’incontro di Roma e come segnalato da Giuliana Coccia su futura network.

La credibilità delle statistiche dipende anche dalla loro indipendenza ed è proprio su questo piano che oggi si devono registrare le maggiori preoccupazioni. Già da tempo si sapeva che i dati diffusi dai regimi autoritari non sono sempre credibili: molti esperti per esempio mettono in dubbio la miracolosa capacità dei governatori cinesi di raggiungere sempre gli obiettivi di crescita preannunciarti e ci si chiede se quel 5% di aumento del Pil confermato per il 2024 da Pechino non sia in realtu un ben più misero 2%. Ora però le preoccupazioni riguardano anche i Paesi democratici per la svolta ideologica segnalata da Enrico Giovannini in un convegno nel novembre scorso all’univrtsità Roma tre su “La statistica e la costruzione dello Stato”. Il testo integrale dell’intervento è pubblicato su futuranetwork e Giovannini lo ha anche sintetizzato in un articolo per Avvenire..

L’impostazione del nuovo presidente DonaldTrump e della sua amministrazione in particolare del nuovo Doge, il Dipartimento per l’efficienza della pubblica amministrazione diretto da Elon Musk, ma anche di altri regimi sovranista, tende infatti a riconoscere tutto il potere soltanto agli organi elettivi, considerando mera “burocrazia” tutto il resto, una burocrazia che può essere smantellata senza preoccuparsi della continuità della gestione statale, della ricchezza delle informazioni e della tutela degli interessi dei più deboli.

Come ricorda Giovannini, già negli anni ‘80 Margaret Thatcher smantellò le statistiche pubbliche sulla povertà con il pretesto che la lotta alla povertà non era più un obiettivo della sua amministrazione e analogamente Ronald Reagan agì sulle statistiche ambientali. Ma il rischio che si corre oggi va aldilà della cancellazione di alcuni indicatori. Se valgono solo le norme imposte dalla maggioranza di turno, cancellando tutto il lavoro pregresso di costruzione dello Stato, anche la statistica pubblica viene strettamente subordinata alla volontà dei governanti. Come denuncia Giovannini.

Devo dire che sono rimasto totalmente esterrefatto da questa filosofia, che è una filosofia da Marchese del Grillo, che va contro l’idea di Stato liberale e democratico. (…. In uno Stato democratico i dati non sono più proprietà di una “Casta”, ma sono di tutti, nella logica della statistica pilastro della democrazia. In quest’ultima, infatti, i dati sono necessari per giudicare e consentire la valutazione delle politiche e dunque sono connessi all’espressione del voto democratico anche in funzione dei risultati di quelle politiche. Nella logica di Musk & C., tutto ciò viene sostituito dalla logica: “io sono stato votato, io ho il potere e tutto quello che non è emanato da me non conta e va cancellato”.

L’autonomia della statistica pubblica si basa su diversi presupposti: standard internazionali, certezza dei flussi finanziari che alimentano la ricerca, rilascio dei dati in tempi preannunciati e garantiti perché non sia influenzato dal dibattito pubblico e dal contenuto degli stessi. Non è difficile per un governo, soprattutto in mancanza di un adeguato sistema di bilanciamento dei poteri, intervenire sulla gestione e sul rilascio dei dati. Ma purtroppo questo è uno degli aspetti del deterioramento dei meccanismi democratici in corso in molte parti del mondo.

Per ora la statistica europea sembra immune da questo degrado, con una qualità dei dati garantita dall’autonomia di Eurostat e degli istituti nazionali. Da parte nostra possiamo solo impegnarci queste prerogative, come tanti altri aspetti che rendono l’unione europea più avanti del resto del mondo sulla strada della sostenibilità. Ma non basta difendere l’esistente: per sopravvivere l’Europa dovrà fare progressi nella sua integrazione.

 

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