Non aggiorno spesso questo sito, perché il mio impegno va soprattutto al sito dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile del quale sono responsabile e per il quale scrivo ogni settimana un editoriale che viene poi diffuso in una newsletter. E al mio blog Numerus, sul sito del Corriere, che non aggiorno più con molta frequenza anche perché i blog hanno sempre meno visibilità.
Gli anni sono volati, me ne sono accorto quando ho visto che il mio ultimo post su questo sito era del 2017. E me ne sono accorto perché in questa fase, coll’isolamento da Coronavirus in atto, le attività sono necessariamente rallentate. Fino a ieri, tra lavori redazionali per l’ASviS, conferenze sempre per conto dell’Alleanza, viaggi a Milano a trovare la mia compagna Joan Haim o a Chieti a vedere la mia nipotina Viola, raramente stavo fermo a Roma per una settimana.
Nel complesso mi considero molto fortunato. Sono in buona salute, faccio un lavoro che mi piace, non devo preoccuparmi del futuro dei miei figli, mi sento circondato da stima e da affetto. Che cosa posso chiedere di più, in questo mondo così difficile?
Forse proprio che il mondo sia meno difficile, meno ingiusto, meno cattivo, meno diseguale. Joan e io veniamo da storie diverse, abbiamo approcci diversi. Lei è sempre attenta agli ultimi e lavora con i migranti. Io non ho la sua capacità di empatia, guardo soprattutto ai meccanismi politici che bisogna cambiare. Perché non ci può essere vera rivoluzione se non si mettono in moto tutte le forze, dal basso per spingere la politica a cambiare, ma poi dall’alto perché non c’è cambiamento vero che non si esprime in nuove scelte collettive.
Cinque anni fa ho scritto una riflessione sull’invecchiamento che potrei sottoscrivere tuttora. Si conludeva con un auspicio: “Cerchiamo di far sì che nel 2016 il mondo migliori un po’. Non è impossibile”. Direi che da allora il mondo non è migliorato, anzi la “tempesta perfetta” della quale ho scritto nel 2012 ci è piombata addosso, molto prima del previsto 2030. Questa Pandemia ne è solo un segnale. L’Agenda 2030 sottoscritta da tutti i Paesi dell’Onu nel 2015 è una bussola preziosa, ma soltanto una bussola, una base di consenso tericamente universale, anche se su clima, diseguaglianze, diritti umani vediamo quanto è disattesa. Difficile dire di poter essere ottimisti, se la crisi in atto non imporrà rapidi cambiamenti nei comportamenti e nelle politiche. Ma ancora una volta devo ripetere che val la pena di provarci.