Prendendo spunto dal mio invito alla “tolleranza zero” verso i comportamenti illegali, Pietro nel suo blog pone una questione interessante. Sostiene che non si può reprimere la rabbia sociale, altrimenti essa troverà forme anche più violente per esplodere. Come la foresta, dice, dove se si impediscono i piccoli fuochi aumenta la legna secca, fino a un incendio molto più violento.
In realtà negli Stati Uniti c’è stata una lunga polemica su come trattare i fuochi nei parchi naturali e dopo l’incendio, volutamente lasciato incontrollato, che negli anni ’90 bruciò gran parte dello Yellowstone, mi sembra che oggi si preferiscano forme di contenimento più elastiche.
Ma seguiamo il filo del ragionamento. Io credo che quando si parla di realtà sociale non si può essere troppo schematici, come sono certi matematici, e si devono quanto meno distinguere tre situazioni diverse.
1) C’è innanzitutto la situazione “esplosiva” o “incendiaria”, come la foresta che ha accumulato una grande quantità di legna secca. Non c’è dubbio che in quel caso non servono né i cannoni di Bava Beccaris, né gli idranti dei pompieri. Quando la protesta arriva a un certo livello, la repressione è inevitabile, altrimenti piccoli gruppi possono bloccare la nostra società complessa. Però ci vuole buon senso e intelligenza, con la consapevolezza che si può soltanto contenere i danni di una battaglia perduta in partenza perché si è lasciato che la situazione si deteriorasse. E questo è il caso della spazzatura in Campania.
2) Bisogna intervenire prima, invece, senza lasciare che si arrivi a questo stato di tensione. E il “prima”si può presentare in due modi. Immaginiamo innanzitutto una società “normale” nella quale si accumulano le normali tensioni, fisiologiche in ogni comunità umana, ma nelle quali la politica fa il suo mestiere, che è appunto quello di mediare tra gli interessi, dare delle regole e farle rispettare, appunto con l’obiettivo di evitare l’accumularsi di tensioni eccessive. E’ una società governata, paragonabile a una foresta nella quale ci si preoccupa di evitare l’accumulo di legna secca. Non è mai una società perfetta, ma è una comunità umana che sopravvive e progredisce, nella quale gli interventi repressivi sono contenuti al minimo.
3) C’è però l’altra ipotesi, quella della società non governata. Qui non ci sono valori comuni, non si riconosce il ruolo della legge, ognuno cura soltanto gli interessi propri e della “famiglia”, nella convinzione che comunque i reati non saranno perseguiti. Le stesse tensioni che si verificano nella società “normale” in questo caso assumono un potere dirompente. E’ per questo tipo di società che invoco la “tolleranza zero”. Continuando nella metafora botanica, è come una foresta dove nessuno toglie la legna secca e non ci sono proibizioni nell’accendere fuochi e nel buttare le cicche accese. Per cambiare la situazione è necessario uno stacco netto, un messaggio d’autorità che indichi chiaramente che certi comportamenti non sono più ammessi.
In conclusione, io non credo che il mio invocare la “tolleranza zero” per certe situazioni sia la reazione di un giornalista frustrato per come vanno le cose in Italia e che quindi invoca una palingenesi purificatrice. Penso solo che ci sia una parte d’Italia dove non si persegue chi incendia le foreste, anzi, le si incendia apposta per creare situazioni vantaggiose. E per favore non
veniteci a raccontare che questo è il frutto delle tensioni sociali e del bisogno di lavoro, altrimenti davvero divento secessionista anch’io.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenti sul post