Un tempo credevo che nel giro di pochi decenni saremmo arrivati a un governo mondiale,Seen from Italy, all the traditional political instruments look crumbling. The United Nations cannot be reformed and cannot cope with the worst crises, the European Union is paralyzed after its enlargement and should start anew from a smaller group of nations, in this country the unity between a North and a South that are more and more different is difficult to maintain by a government who is loosing its credibility. Something should be done at all levels, to promote effective political institutions. But where do we start from? I see only one answer: from the network of people of good will who have the opportunity of talking to each other through the Net e who form a global public opinion.soluzione indispensabile di fronte alla globalità dei problemi. Probabilmente dopo qualche drammatica crisi (così nacquero anche la Società delle Nazioni e le Nazioni Unite dopo le due guerre mondiali) pensavo che l’umanità sarebbe riuscita a darsi una struttura unitaria di gestione politica abbastanza efficace da garantire la salute del pianeta, il governo dei grandi movimenti migratori, la protezione contro le violenze di massa.
Adesso non ne sono più sicuro. L’Onu ha dimostrato di essere irriformabile, le organizzazioni internazionali fanno un lavoro prezioso, spesso disconosciuto, ma che non è realmente in grado di aggredire i peggiori punti di crisi. Mi sembra più probabile che il mondo si aggreghi su grandi aree continentali o subcontinentali in competizione tra loro: un meccanismo che non esclude la possibilità di guerre spaventose.
Un tempo ero fiducioso nell’unità europea. Mi sembrava che fosse lo sbocco logico del processo d’integrazione in corso ormai da cinquant’anni. Purtroppo, spinti dalla giusta preoccupazione di non lasciare un’area di vuoto politico al centro dell’Europa dopo la caduta dell’Urss, abbiamo usato le istituzioni europee per una fuga in avanti che le ha rese praticamente irriformabili. Gli Stati Uniti d’Europa potrebbero nascere solo da un gruppo di Paesi più ristretto degli attuali 27, ma probabilmente ci si arriverà (se ci si arriverà) solo dopo essersi resi conto che ormai l’Unione europea è poco più di un’area di libero scambio; insomma bisognerà ricominciare da capo.
Un tempo ero sicuro che l’unità d’Italia fosse un dato ormai indiscutibile. Ne ero così convinto che nel 1987 fondai anche un settimanale per raccontare il processo di omologazione del Mezzogiorno al resto d’Italia. Purtroppo mi sbagliavo e oggi mi chiedo per quanto tempo potremo ancora reggere le tendenze centrifughe presenti nel Paese, tra regioni del Sud incapaci di governare la propria immondizia e regioni del Nord desiderose di sempre maggiore autonomia, al limite della rivolta (fiscale o anche istituzionale come l’auto proclamazione del Veneto come “Regione a statuto speciale” proposta dal governatore Galan) contro un potere centrale imbelle e incapace di governare i conflitti.
Il mondo, il nostro mondo, può progredire senza istituzioni a cui affidarsi? Purtroppo non vedo le leve politiche per innescare il cambiamento e mi aspetto che per molti anni a venire conflitti e disuguaglianze continueranno ad accentuarsi. Di fronte a questa sensazione, che credo condivisa da molti, ci sono diverse risposte possibili. La prima, la più ovvia, è di limitarsi a guardare il proprio orticello: chiudersi nella sfera dei propri interessi e dei propri affetti più vicini. Insomma, un ritorno a una logica tribale. Più generosa di questa, ma non risolutiva, è la logica di chi sceglie di aiutare gli altri senza porsi problematiche globali. E’ spesso la logica di chi è animato da sentimenti religiosi: io mi occupo del prossimo, per il resto sia fatta la volontà di Dio. Difficile da accettare per chi non è credente. Ma da dove cominciare a cercare risposte politiche più valide? Io vedo una sola risposta possibile: dai nuovi mezzi di comunicazione, che abbattono ogni barriera e ogni censura, che creano reti di persone di buona volontà e le fanno dialogare, che possono raccogliere le buone pratiche anziché limitarsi a raccontare le violenze sulla gente e le dichiarazioni dei politici. Che creano e consolidano un’opinione pubblica mondiale, senza barriere e distinzioni. So bene che non è sufficiente. Ma mi sembra l’unico strumento per far progredire la ragionevolezza in un’Italia, in un’Europa, in un mondo che non hanno più punti di riferimento politici dall’alto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenti sul post