Sono in partenza per la Grecia, per andare a trovare Phileas e metterla in acqua. Per un paio di settimane non sarò in condizione di scrivere. Però volevo sottolineare alcune cose.I will be on my boat in Greece for a couple of weeks. But before leaving I want to write down some notes: on Turkish hackers (thanks for the limited damage on my website), on politicians and climate change, on the diplomatic discussione about the new Ipcc Report.
1) Un hacker è entrato nel mio sito e ha sostituito mia home page con un suo annuncio. Mio figlio Pietro, che ha riparato il guasto, mi dice che l’intruso poteva fare ben di peggio e che la colpa è mia perché la password (ora cambiata) era troppo facile. Ne prendo atto. E ringrazio l’hacker di non aver fatto guasti irreparabili e di essersi limitato a piantare sul sito la sua bandiera. Turca.
2) Rispondo al commento di Fabio al mio precedente post. Sono sostanzialmente d’accordo con la sua domanda finale: la classe politica sarà in grado, in Italia come negli altri Paesi, di introdurre misure coraggiose che penalizzino le emissioni di CO2, anche se comporteranno drastici mutamenti nella struttura dei consumi? Non lo so, temo di no. Ma proprio per questo apprezzo il coraggio di Al Gore e non credo che la sua azione si possa collocare soltanto nella logica delle prossima campagna elettorale americana. Anzi, dopo aver scritto il precedente post ho visto “An inconvenient truth”, il film di Gore, e mi sono rafforzato in questa convinzione. Se poi in Europa si sceglie una strategia di lotta al cambiamento di clima per dipendere meno dai produttori d’idrocarburi, come Fabio ipotizza, vorrà dire che c’è un doppio motivo per benedire questa politica. Mi preoccupa però che sono stati annunciati obiettivi importanti da raggiungersi in meno di 15 anni, ma non si fa abbastanza per sensibilizzare l’opinione pubblica.
3) Forse la chiave di lettura è questa: i governi sanno di dover fare qualcosa contro il riscaldamento globale, ma vogliono essere liberi di agire senza rischiare conflitti interni. Come dire, “lasciateci lavorare e non allarmate l’opinione pubblica”. E’ un atteggiamento clamorosamente sbagliato perché senza una mobilitazione delle coscienze non saremo in grado di adottare politiche adeguate e quindi non raggiungeremo gli obiettivi. Ma è quanto sta accadendo, confermato dalle modalità di presentazione della seconda parte del Rapporto dell’Ipcc, il panel di scienziati che studia il cambiamento di clima per conto dell’Onu. Le rappresentanze diplomatiche non si sono preoccupate di discutere le 1500 pagine di contenuti scientifici (che tanto sono solo per addetti ai lavori) ma hanno limato riga per riga le poche pagine della sintesi destinata a circolare sui giornali. Insomma i politici dicono: “Scienziati, ci va bene che voi indaghiate e ci serve che ci diciate senza reticenze i vostri risultati. Ma lasciate che poi la partita con l’opinione pubblica mondiale ce la giochiamo quando e come ci pare meglio”. Non ci piace, ma è quello che sta accadendo.