Vi presento il mio libro “I numeri della felicità”

L’idea è nata dell’ottobre scorso, quando sono stato a Busan, in Corea, a seguire per conto della rivista East, Europe and Asia strategies il grande convegno internazionale dell’Ocse sulla misura del progresso. Ne ho già parlato su questo blog.

Da domani sarà in libreria il mio nuovo libro I numeri della felicità – dal Pil alla misura del benessere. L’editore è Cooper, lo stesso del mio volume dell’anno scorso L’intrigo saudita. Il libro è di 286 pagine e contiene anche classifiche e documenti. Il prezzo è 15 euro e il volume si può acquistare facilmente anche on line.

Lunedì 14 giugno alle 16 presso la biblioteca del Cnel di Viale David Lubin 2 a Roma, il libro sarà presentato in un seminario organizzato dal gruppo di lavoro “Nuovi indicatori macroeconomici” del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Avrò il piacere di discuterne con Mario Baldassarri, Emma Bonino, Enrico Cisnetto, Enrico Giovannini, mentre il moderatore sarà Gabriele Olini. L’incontro è aperto e ne abbiamo dato notizia anche nelle università.

Dopo Giuliano, con Giuliano

Com’è ingiusto quando muore un giovane, soprattutto un giovane intelligente, generoso, animato da una rara passione civile. Com’è ingiusta la morte di Giuliano Gennaio, a 28 anni, senza un motivo, solo perché il suo cuore a un certo punto ha smesso di battere. Chi era Giugen? Potrei raccontare il lavoro fatto insieme a Società Aperta…

Tre scenari per il governo Berlusconi

Per il giornale on line Terza Repubblica ho scritto oggi questo articolo.

Siamo stati tra i primi, noi di Società aperta, a parlare di Terza Repubblica, tanto da farne, tre anni fa, la testata di questo giornale on line. Ci aspettavamo di arrivarci attraverso un percorso costituente che ridefinisse le regole del “bipolarismo bastardo” che ha caratterizzato la Seconda e che non ha impedito il declino, anzi lo ha accentuato al limite di un degrado irreparabile del Paese.
Oggi invece (si veda per esempio l’editorale di Massimo Giannini), la Terza Repubblica nasce sull’onda della netta vittoria di Silvio Berlusconi e della Lega: si profila un sistema nettamente bipolare, ma con una maggioranza forte, in grado di tenere saldamente il timone del governo per i prossimi cinque anni.
Le carte sono totalmente rimescolate. La sinistra avrà bisogno di tempo per analizzare le ragioni di una sconfitta così netta, che si è manifestata sia nell’annullamento della sinistra antagonista, sia nel mancato sfondamento al centro del Partito democratico. Anche la sopravvivenza dell’Udc sarà probabilmente irrilevante ai fini della governabilità. Insomma, Berlusconi, Fini e Bossi hanno in mano tutte le carte per governare. Con quali sbocchi? Ne posso immaginare tre: due nefasti e uno positivo, ma molto difficile.

Apocalittici e impiegati

Nessuna persona di buon senso oggi crede in una rivoluzione che abbatta il sistema capitalistico, ma molti sono convinti che il capitalismo non sia in grado di risolvere i problemi economici, energetici e ambientali del 21° secolo. In realtà un collasso del sistema peggiorerebbe le condizioni di vita di miliardi di persone. D’altra parte, non possiamo accettare in modo acritico le professioni di fede di chi ci dice che tutto è sotto controllo. Insomma, tra l’apocalisse e l’ottimismo ingiustificato c’è una strada stretta fatta di analisi critica e di governance internazionale.

Supercommissari per le tante spazzature del Sud

Oggi servirebbero due politiche diverse: al Sud più commissari che riportino al centro i poteri male usati, senza però tagliare i fondi perché senza finanziamenti non può esserci sviluppo; nel resto del Paese più autonomia alle Regioni che hanno dimostrato di sapersi amministrare. Una fase straordinaria, di legalità e di sviluppo, che solo un governo straordinario di grande coalizione può attuare contro gli interessi di buona parte della classe politica meridionale. Se invece non ci si riuscirà, la palla al piede Mezzogiorno condurrà il Paese al declino o alla frammentazione.

2008: un po’ d’ottimismo, nonostante il degrado

Nessuno che sia in buona fede può negare che il Paese stia vivendo una fase di declino. Lo dicono le statistiche sul Prodotto interno lordo pro capite, sempre più in basso rispetto alla media europea, e molti indicatori sulla qualità dei servizi pubblici. Persino il Censis, che col suo ultimo rapporto ha voluto opporsi al declinismo, è stato costretto ad affidare le sue speranze a minoranze che emergono dalla poltiglia nella quale si è disfatto il Paese. Mi sembra anche innegabile che il declino rischi di trasformarsi in degrado, ma il realismo sullo stato del Paese non significa dare per scontato o crogiolarsi nel fatto che il Paese va alla malora. Bene ha fatto, dunque, il Sole 24 Ore a improntare all’ottimismo i suoi articoli di fine anno.

Womenomics, le donne al centro dell’economia

Per l’Economist le donne sono oggi il più importante motore dello sviluppo mondiale. E l’Italia è in forte ritardo, tanto da essere al penultimo posto in Europa per tassi di occupazione femminile, soprattutto per la disastrosa situazione del Mezzogiorno. Dopo aver partecipato al gruppo di lavoro che ha redatto la Nota Aggiuntiva voluta dal Ministro Bonino per imporre un “cambio di passo” su questo tema, ho scritto un articolo per East, Europe and Asia Strategies, che potete leggere in italiano e in inglese.

Bilal, che fare contro l’immigrazione clandestina?

Che fare per fermare l’immigrazione clandestina? Non si può fare a meno di porsi questa domanda dopo aver letto Bilal, il libro del giornalista dell’Espresso Fabrizio Gatti che racconta il suo viaggio sui camion dei trafficanti di carne umana dai Paesi dell’Africa subsahariana attraverso il deserto fino alle coste del Mediterraneo. Anche se l’Africa migliorerà le sue prospettive economiche, come sembra che stia accadendo, il gap con l’Europa almeno per una generazione sarà tale da indurre milioni di giovani a sognare l’avventura. E’ importante comunicare nei Paesi d’origine la realtà di questa traffico, ma è anche importante aiutare a sviluppare attività economiche locali che diano ai giovani una speranza, senza che debbano partire per questa drammatica avventura.

La grande sfida della governance mondiale

Nel futuro prossimo non ci sarà un governo mondiale, ma non possiamo sopravvivere senza un quadro di accordi e di istituzioni che garantiscano una gestione condivisa dei grandi temi dell’energia e dell’ambiente. Sono arrivato a queste conclusioni dopo aver gestito il desk per giornalisti del World Energy Congress, lavorando su tutti gli interventi e i dibattiti. La governance globale è indispensabile per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti, il contenimento delle speculazioni sui prezzi dell’energia, la crescita sicura del nucleare, un dopo Kyoto accettabile da tutti e davvero efficace nella riduzione delle emissioni di anidride carbonica, la gestione delle conseguenze inevitabili di cambiamenti di clima. Ci vorranno leader con coraggio e visione e una continua pressione dell’opinione pubblica.