Amato: dopo la crisi un’Europa più unita, forse senza Londra

Adesso possiamo dirlo: è possibile che l’euro superi la crisi, nonostante le previsioni autorevoli e tecnicamente fondate di un suo tracollo. Ragioniamo sul testo di una mia intervista a Giuliano Amato, nella quale l’ex presidente del Consiglio dimostra capacità di visione politica e delinea il futuro dell’eurozona come nucleo propulsivo dell’integrazione europea. Un futuro che inevitabilmente imporrà una drammatica alternativa agli euroscettici, Gran Bretagna in testa: o accettare le regole comuni o uscire dall’Unione.

La sfida dei nove miliardi – un dossier per la rivista East

Non stiamo parlando di un futuro remoto, ma di un mondo che è già dietro l’angolo. Nel 2050 i leader che dovranno affrontare i problemi di una Terra sovrappopolata ed esausta non saranno i nostri bisnipoti, ma i nostri figli. E almeno metà dell’attuale popolazione mondiale sarà ancora in vita. E’ questo l’argomento di un dossier che ho preparato per la rivista East e che per gentile concessione dell’editore è accessibile da oggi su questo sito. Il dossier comprende anche un’intervista al demografo Antonio Golini, un colloquio col presidente dell’Istat Enrico Giovannini, la traduzione del Rapporto “La tempesta perfetta del 2030” del Population Institute di Washington sulla base delle previsioni del capo dei consulenti scientifici del governo britannico John Beddington, e un dibattito tra esperti: il vero problema è il boom demografico o l’eccesso di consumi del mondo industrializzato?

I numeri della felicità: riflessioni sul dibattito

In questi mesi ho avuto la soddisfazione di essere invitato a una mezza dozzina di presentazioni e dibattiti stimolati dal mio libro “I numeri della felicità” e ringrazio tutti quelli che se ne sono occupati.

La natura del libro è già stata descritta su questo blog: si tratta del racconto in chiave divulgativa del grande lavoro in corso nel mondo per misurare un benessere che, soprattutto nei Paesi più sviluppati, non può essere testimoniato soltanto dalla misura del prodotto interno lordo (Pil). Come viene recepito questo dibattito nella cultura italiana? Ecco qualche appunto, senza pretesa di organicità.

Vi presento il mio libro “I numeri della felicità”

L’idea è nata dell’ottobre scorso, quando sono stato a Busan, in Corea, a seguire per conto della rivista East, Europe and Asia strategies il grande convegno internazionale dell’Ocse sulla misura del progresso. Ne ho già parlato su questo blog.

Da domani sarà in libreria il mio nuovo libro I numeri della felicità – dal Pil alla misura del benessere. L’editore è Cooper, lo stesso del mio volume dell’anno scorso L’intrigo saudita. Il libro è di 286 pagine e contiene anche classifiche e documenti. Il prezzo è 15 euro e il volume si può acquistare facilmente anche on line.

Lunedì 14 giugno alle 16 presso la biblioteca del Cnel di Viale David Lubin 2 a Roma, il libro sarà presentato in un seminario organizzato dal gruppo di lavoro “Nuovi indicatori macroeconomici” del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Avrò il piacere di discuterne con Mario Baldassarri, Emma Bonino, Enrico Cisnetto, Enrico Giovannini, mentre il moderatore sarà Gabriele Olini. L’incontro è aperto e ne abbiamo dato notizia anche nelle università.

Teniamoci il Pil, ma ricordiamoci che non basta…

Il dibattito sul cosiddetto “superamento del Pil” rischia di cadere nelle trappole dei preconcetti culturali ed ideologici. Da una parte i gruppi anticapitalisti che vedono l’origine dei mali della società moderna nella misura del progresso basata sul prodotto interno lordo; dall’altra i cultori di economia e gli operatori che faticano ad immaginarsi parametri più adeguati per il ventunesimo secolo.

Non sfugge a questi rischi il commento di Alberto Alesina: “Aridatece il vecchio Pil, tanti difetti, ma utilissimo”, pubblicato dal Sole 24 Ore del 15 dicembre. Alesina insegna ad Harvard, è un economista di grande prestigio, autore di proposte coraggiose e innovative per riformare la società italiana, ma in questo caso, a mio avviso, si è fatto prendere la mano da un certo schematismo.

L’intrigo, la felicità, i radicali: riassunto di due mesi di silenzio

Non sono stato diligente. E’ da ottobre che non scrivo nulla su questo blog. Tranquillo, direte voi, hai ben pochi lettori; non ci sono frotte di fan in ansia che aspettano un tuo post come se fosse il nuovo Henry Potter o l’ultima trovata di Dan Brown. Ma com’è ben spiegato nel delizioso film Julie e Julia, un blog è innanzitutto un impegno con se stessi. Predichi nel deserto, ma magari un giorno scopri che c’è chi ti ascolta e magari interagisce con te.

Anche se i miei temi non sono così succulenti come le ricette della cucina francese descritte nel blog di Julie, per me sono stati due mesi intensi e interessanti, soprattutto su due fronti: il mio libro l’Intrigo saudita; le attività connesse ai nuovi indici per superare l’attuale Pil, Prodotto interno lordo.

La felicità in tempi di crisi: ricetta danese e riflessione coreana

La Danimarca è davvero il Paese più felice del mondo? Così dicono quasi tutte le indagini degli ultimi anni sul benessere individuale, anche se condotte con metodologie diverse. Ma che cosa è la felicità? Come si misura? Le misurazioni sono comparabili tra Paesi dove magari i concetti stessi di felicità e benessere assumono valori differenti nelle lingue e nelle culture locali?

Confinato per anni nel dibattito tra esperti, il tema della misura del cosiddetto “benessere percepito” è diventato centrale per statistici ed economisti e lo sarà sempre più per i leader politici del 21° secolo. La crisi economica ne ha già oggi accentuato l’importanza. Si coglie meglio il fatto che ci sono altri valori oltre la crescita dei beni e servizi prodotti: la distribuzione della ricchezza, la solidarietà, la serenità sul futuro proprio, dei propri cari e dell’ambiente che ci circonda. La crisi, insomma, può essere il momento giusto per chiedersi che cosa conta veramente, come lo si misura, come si controllano i risultati dell’azione pubblica verso gli obiettivi comuni.

Di felicità e benessere si è discusso per cinque giorni, dal 19 al 23 luglio, nel corso della nona Isqols conference, il congresso di tutti i ricercatori che si occupano di “quality of life”. Il tema, come abbiamo detto, sarà anche al centro del World Forum promosso dall’Ocse su “Statistics, knowledge and policy” che si svolgerà a Busan, in Corea, dal 27 al 30 ottobre. La riunione, terza della  serie  dopo i Forum di Palermo nel 1974 e Istanbul nel 1977 (si veda il mio articolo su East n.  17), radunerà 1500 partecipanti di 130 Paesi e certamente offrirà nuovi spunti di riflessione sulla misura del progresso delle collettività umane. L’attenzione internazionale a questi temi è stata fortemente stimolata da Enrico Giovannini, il “chief statistician” dell’Ocse diventato ora presidente dell’Istat.

Informazione: si rischia la crisi di abbondanza

Che cosa succederà in un mondo in cui scaricare contenuti da Internet senza pagarli non è più considerato un comportamento riprovevole ed è praticamente impossibile perseguire i “pirati”? Mi ero già occupato  di questo tema in due post di questo blog, ma l’ho sviluppato in un articolo che ho scritto insieme a mio figlio Pietro Speroni di Fenizio per East, Europe and Asia Strategies. L’articolo è stato pubblicato nel numero di giugno della rivista sotto il titolo: “Informazione: si rischia la crisi di abbondanza”. Ecco il testo, corredato di qualche link ipertestuale.

Sessanta milioni d’italiani non sono pochi…

La popolazione ha ripreso a crescere: quest’anno abbiamo superato “quota sessanta”. Siamo già oggi uno dei Paesi più affollati d’Europa, con effetti negativi sull’ambiente e sulla qualità della vita. Sarebbe opportuno mantenere la popolazione a questo livello; ci sarebbe comunque spazio per una immigrazione abbastanza consistente, alla quale offrire migliori politiche di accoglienza e integrazione.

La governance, Tremonti e le elezioni

Per concessione dell’editore, pubblico sul mio sito, in italiano e in inglese, l’articolo che ho scritto sul n. 18 di East, Europe and Asia Strategies. Si tratta di una lunga riflessione sulla necessità di una governance globale, che prende spunto da quanto sta accadendo in alcuni settori: ambiente ed energia, finanza, commercio internazionale.
L’articolo è stato scritto in gennaio. Mi sembra che gli eventi di questi ultimi due mesi abbiano rafforzato l’esigenza di un sistema globale di governo che, in mancanza di un potere centrale, non può che sostanziarsi in una serie di accordi tra gli stati nazionali: è questo appunto il senso della parola “governance” applicata alle relazioni internazionali.