La Caritas: l’emigrazione non dipende dalla povertà

Ce ne accorgiamo adesso, in piena crisi, ma sapevamo da tempo che il “tappo” sarebbe saltato. Alla lunga i tappi saltano sempre, quando c’è troppa pressione. Le previsioni dell’Onu ci dicono che in Europa, se il saldo migratorio continuerà ad essere pari all’attuale flusso ufficiale, la popolazione residente da adesso al 2050 rimarrà stabile: i migranti infatti riequilibreranno il calo naturale. Ma andrà davvero così oppure dovremo fronteggiare una grande impennata degli arrivi? I demografi si interrogano sulla attendibilità delle previsioni dell’Onu, perché nello stesso arco di tempo la popolazione africana aumenterà di un miliardo di persone. Il problema dunque non è il “tappo”, ma la “bottiglia”: per le nuove generazioni africane l’Europa rappresenta un tale cambiamento in meglio in termini di reddito e di aiuti alla famiglia d’origine che tanto vale tentare la lotteria dell’immigrazione clandestina. Come possiamo fronteggiare questa situazione? L’ultimo rapporto statistico della Caritas fornisce elementi che fanno riflettere, partendo da quella che i demografi chiamano “migration hump”, la gobba delle migrazioni.

(Italiano) Ma perché Cameron vuole misurare la felicità? E come lo farà?

(Italiano) Ma perché Cameron vuole misurare la felicità? E come lo farà?
Prima Nicolas Sarkozy, adesso David Cameron. Come mai in un momento di crisi economica e di tagli di bilancio con pesanti implicazioni sociali i governanti europei stimolano i loro uffici di statistica a misurare il benessere dei cittadini?
C’è chi sospetta che sia un modo di “parlar d’altro”, di suggerire che esistono altri valori oltre al denaro, proprio quando di soldi in giro ce ne sono pochini. Può essere. Ma qualunque governante capace di guardare un po’ avanti sa che gli stili di vita dei paesi più ricchi dovranno cambiare per far fronte alle difficoltà globali, economiche, ambientali e sociali. Proprio in Inghilterra, un anno fa, il capo dei consulenti scientifici del governo annunciò per il 2030 una “tempesta perfetta”. All’epoca a Downing Street c’erano i laburisti, ma la visione dei rischi ai quali andiamo incontro accomuna le diverse parti politiche.
Il problema dell’immediato futuro, dunque, non è solo che sarà difficile mantenere lo stesso potere d’acquisto, ma che dovremo cambiare vita: adattarci a servizi pubblici meno costosi, accettare nuovi modelli di consumo privato, far fronte alle sfide dei paesi emergenti in termini di competitività, definire i parametri per gestire la pressione delle aree più povere del mondo. Insomma, una vera e propria rivoluzione non solo ambientale, ma economica e sociale. Non c’è da stupirsi se prima di addentrarsi in un terreno inesplorato, che richiede alla politica fantasia e coraggio, i governanti più avveduti vogliano capire “che cosa conta davvero” per i loro cittadini.
Ma in concreto che cosa succederà in Inghilterra? Consigliamo la lettura di un ampio articolo del Guardian che fa il punto della situazione, precisando come è ovvio (ma non bisogna mai stancarsi di ripeterlo) che la misura del Prodotto interno lordo non sarà cancellata, ma solo integrata.
Possiamo aggiungere che l’Office for National Statistics inglese, ora ufficialmente investito dell’incarico dal primo ministro, in realtà sta studiando da tempo il problema, come del resto tutti i grandi istituti nazionali, compreso il nostro Istat. Una ricerca pubblicata recentemente dall’Ons esamina il concetto di “benessere soggettivo” (subjective well being) e recensisce le indagini già in corso. Per esempio, in Gran Bretagna nel 2009 si è rilevato che alla classica domanda “Tutto considerato quanto sei soddisfatto della tua vita da zero a dieci” gli inglesi nel 2009 avevano risposto con una media del 7,4, rispetto al 7,3 del 2007. Ricordiamo che l’Istat è uscita da poco con un comunicato con una indicazione di 7,2 per gli italiani, commentato in un mio precedente post.
L’indagine inglese del 2009 è ufficiale, col bollo National Statistics. Che cosa cambia dunque con l’annuncio di Camerun? Certamente ci sarà una maggiore attenzione a questi temi: si parla addirittura di una rilevazione trimestrale, anziché quella attuale ogni due anni. Inoltre il campionamento sarà più esteso, in modo da consentire, oltre a una maggiore attendibilità dei dati, anche disaggregazioni ed analisi delle correlazioni con i diversi fattori che determinano il benessere (età, lavoro, salute, ecc.). Tutto questo porterà a un unico indice complesso al quale i media dedicheranno attenzione, come accade per il Pil? Tra gli statistici questa è ancora materia di discussione. E i giornalisti devono stare attenti prima di scrivere che il Pil sarà sostituito dall’”indice della felicità”. Per spiegarsi con una metafora, affermare che per determinare la salute di una persona non basta misurare la pressione arteriosa non significa che si possa far ricorso a un superindice valido e attendibile che ingloba tutte le misure del corpo e ci dice come stiamo. Sarebbe comodo, ma è molto difficile che funzioni.

http://www.guardian.co.uk/politics/2010/nov/14/david-cameron-wellbeing-inquiry
http://www.statistics.gov.uk/cci/article.asp?ID=2578