“I computer e la rete hanno cambiato profondamente i meccanismi di decisione democratica. È sempre più evidente che la scelta di delegare qualcuno a rappresentarci ogni quattro, cinque o sette anni non esaurisce più il bisogno di partecipare alle scelte pubbliche”. Comincia così la presentazione del libro “La e-Democracy possibile” scritto da mio figlio Pietro Speroni di Fenizio con la mia collaborazione. Il lavoro affronta il tema del raggiungimento del consenso attraverso l’uso delle nuove tecnologie: uno degli aspetti fondamentali, anche se certamente non l’unico, di una nuova teoria della democrazia. Abbiamo scelto di pubblicare man mano i capitoli, invitando chi è interessato a commentarli per consentire modifiche e integrazioni.Come si spiega nel testo introduttivo,
la possibilità di intervenire attraverso messaggi elettronici, social network, votazioni in rete ha alimentato un intenso dibattito sull’e-Democracy, creando anche grandi aspettative su una nuova democrazia del 21° secolo. In realtà, la teoria della democrazia elettronica è ancora molto nebulosa e la stessa definizione di e-Democracy può essere molto ambigua. Gli strumenti di massa finora sviluppati toccano solo la superficie di quello che è possibile già da ora realizzare.
Su Google Doc è possibile visualizzare liberamente la presentazione e l’indice del volume e un capitolo fondamentale: la Teoria del voto (Voting theory). Ringraziamo fin d’ora chi vorrà commentare il nostro lavoro. Aggiungo che Pietro Speroni di Fenizio (*) (il maggiore dei miei figli, 1970), è un matematico che dopo un dottorato in applicazioni biologiche dell’algebra ha scelto di interessarsi all’ e-Democracy occupandosene attivamente dal 2008. In questi anni ha investigato la e-Democracy in maniera teorica, cercando di focalizzarsi sulle basi di una disciplina ancora agli albori. Ha sviluppato direttamente diversi sistemi di e-Democracy (Vilfredo goes to Athens, Bubbling Around) e collaborato a diversi altri (Airesis, Civici). Nella premessa al libro ha scritto: La collaborazione con mio padre ha tre motivazioni: la sua insistente richiesta su come sarà la democrazia del futuro; l’opportunità di sfuttarne le capacità divulgative e il piacere di lavorare insieme. Oltre a farlo sentire utile. Insomma, secondo lui ho fatto questo lavoro per non stare sulla panchina ai giardinetti…
(*) Perché mio figlio oltre che Speroni si chiama anche di Fenizio? L’ho spiegato in questo post.