Sessanta milioni d’italiani non sono pochi…

La popolazione ha ripreso a crescere: quest’anno abbiamo superato “quota sessanta”. Siamo già oggi uno dei Paesi più affollati d’Europa, con effetti negativi sull’ambiente e sulla qualità della vita. Sarebbe opportuno mantenere la popolazione a questo livello; ci sarebbe comunque spazio per una immigrazione abbastanza consistente, alla quale offrire migliori politiche di accoglienza e integrazione.

Pierferdi, perché fai così?

“Le famiglie italiane sotto la soglia di povertà sono passate in un anno da due milioni e mezzo a sette milioni e mezzo”. Quando ho sentito Pierferdinando Casini fare questa affermazione, nel corso del dibattito promosso da Società aperta il 4 novembre a Roma, ho fatto un salto sulla sedia.
Per caso mi ero appena stampato la nota che l’Istat aveva diffuso quel giorno stesso. In realtà, dal 2006 al 2007 le famiglie povere sono passate da 2milioni 623mila a 2milioni 653 mila, mentre gli individui in povertà da 7milioni 537mila a 7milioni 542mila. In percentuale, le famiglie povere sono rimaste all’11,1% del totale e gli individui in povertà sono scesi dal 12,9 al 12,8%. Insomma, la situazione era rimasta stabile, altro che povertà triplicata.
Pur non conoscendo personalmente Casini, mi sono permesso di portargli il comunicato Istat e di fargli presente l’errore.

Ugo la Malfa: i beni pubblici per la felicità dei cittadini

Mio figlio Pietro, che è un rigoroso, dice che in questi casi bisogna pubblicare un disclaimer, cioè dichiarare i rapporti di parentela o di amicizia con la persona citata nel blog. E allora dichiaro che conosco Paolo Soddu da più di trent’anni, per un’amicizia di famiglia. Questo però non mi impedisce di parlar bene del suo lavoro perché si tratta di uno storico di valore, che ha scelto un tema prezioso anche per riflettere sulla crisi di oggi.
Ho assistito al Senato, mercoledì 29, alla presentazione del volume “Ugo La Malfa – Il riformista moderno” (Carocci Editore), scritto da Paolo Soddu. Era presente il Capo dello Stato. Il libro ha già avuto, come è giusto, recensioni lusinghiere da giornalisti e storici come Nello Ajello, Piero Craveri, Giuseppe Galasso, Nicola Tranfaglia. Hanno parlato del libro Giovanni De Luna, Galasso, Paolo Savona, mentre Enzo Bianco, Carlo De Benedetti, Antonio Maccanico, Eugenio Scalfari hanno fornito testimonianze personali. Inevitabile la nota di rimpianto rispetto ai politici e alla politica di oggi.

Perché l’opposizione irrita la gente

Come mai Berlusconi, nonostante le sue molteplici gaffe e i pericoli che il suo modo di governare pone alla democrazia, è sempre più in alto nei sondaggi? I programmi dell’opposizione non sono credibili, dicono in molti. Ma forse c’è qualcosa d’altro e me ne sono reso conto guardando l’intervista di Lilli Gruber a Renato Brunetta, nella rubrica “Otto e mezzo” di giovedì 16 ottobre: c’è uno stile di comunicazione sgradevole e perdente.

Caro Cisnetto, proponi ad Alemanno…

Caro Enrico, mi congratulo per la tua nomina nella commissione per il futuro di Roma. Mi permetto di avanzare un primo suggerimento: dovresti proporre al sindaco Alemanno di far marciare in orario non i treni (absit iniuria…) e neppure i mezzi pubblici (impossibile), ma almeno gli orologi della città.
Tutti a Roma sanno che degli orologi pubblici non ci si può fidare, ma non si capisce perché i suddetti strumenti, caratterizzati da tecnologie vecchie di decennni, debbano essere sempre in preda al caos più totale. Ci sono quelli che non hanno registrato l’ora legale (coraggio, tra pochi giorni saranno nuovamente in regola), quelli che forniscono le indicazioni più assurde e quelli che sono semplicemente fermi da tempo immemorabile.

La trappola della democrazia diretta

Immaginate una comunità nella quale tutti sono collegati a internet, padroneggiano il computer e sono in grado di esprimersi sulla rete con libertà. Un’utopia? Non direi, se guardiamo a Paesi diversi dall’Italia, dove è meno grave il “digital divide” che separa gli informatizzati dal resto della popolazione, e se magari proiettiamo il nostro discorso in un futuro da qui a una decina di anni.
Una comunità del genere è, in teoria, nelle condizioni migliori per esprimere nuove forme di democrazia diretta e/o di rappresentanza: può per esempio affidare al voto dei cittadini, di tutti i cittadini, le nuove norme, oppure può consentire che in qualsiasi momento il cittadino con un click cambi il suo voto nell’assemblea elettiva che lo rappresenta, senza bisogno di attendere una scadenza elettorale.

La questione centrale: mastini o barboncini?

E’ un facile gioco di parole, dire che tra la “questione settentrionale” esplosa prima delle ultime elezioni e la “questione meridionale” che si trascina da più di un secolo esiste anche una “questione centrale”, cioè di tutti quei territori che non si identificano né con la Padania né col Mezzogiorno, dove gli amministratori legittimamente si interrogano sulle conseguenze della “secessione dolce” mascherata da federalismo che il nuovo governo si troverà a gestire.
In realtà (un altro gioco di parole, chiedo scusa), la questione centrale è davvero centrale, perché è questione nazionale. Solo un governo capace di dare risposte che valgono per tutti, solo una opposizione in grado di costruire un progetto alternativo di società, possono evitare che questo Paese vada a pezzi nell’illusione di stare meglio senza “gli altri”.

Tre scenari per il governo Berlusconi

Per il giornale on line Terza Repubblica ho scritto oggi questo articolo.

Siamo stati tra i primi, noi di Società aperta, a parlare di Terza Repubblica, tanto da farne, tre anni fa, la testata di questo giornale on line. Ci aspettavamo di arrivarci attraverso un percorso costituente che ridefinisse le regole del “bipolarismo bastardo” che ha caratterizzato la Seconda e che non ha impedito il declino, anzi lo ha accentuato al limite di un degrado irreparabile del Paese.
Oggi invece (si veda per esempio l’editorale di Massimo Giannini), la Terza Repubblica nasce sull’onda della netta vittoria di Silvio Berlusconi e della Lega: si profila un sistema nettamente bipolare, ma con una maggioranza forte, in grado di tenere saldamente il timone del governo per i prossimi cinque anni.
Le carte sono totalmente rimescolate. La sinistra avrà bisogno di tempo per analizzare le ragioni di una sconfitta così netta, che si è manifestata sia nell’annullamento della sinistra antagonista, sia nel mancato sfondamento al centro del Partito democratico. Anche la sopravvivenza dell’Udc sarà probabilmente irrilevante ai fini della governabilità. Insomma, Berlusconi, Fini e Bossi hanno in mano tutte le carte per governare. Con quali sbocchi? Ne posso immaginare tre: due nefasti e uno positivo, ma molto difficile.

Attenti alle idee: fanno perdere voti

In questa campagna elettorale i candidati alla guida del governo presentano tanti programmi, ma poche idee. I programmi sono promesse di leggi e leggine per modificare la situazione di questa o quella categoria: i contribuenti, i pensionati, i precari, le famiglie meno abbienti. Le idee sono (dovrebbero essere?) il contenitore generale dei programmi, la visione complessiva dell’evoluzione del Paese nella quale si collocano le iniziative specifiche che ogni schieramento vorrebbe realizzare nel prossimo quinquennio.
Con le promesse e i programmi si spera di guadagnare qualche voto, con le idee si rischia di perderne, perché le coalizioni elettorali sono in realtà piuttosto disomogenee: guai se davvero dovessero cominciare a discutere sui valori. E così non si discute di bioetica (Ferrara a parte, ma la sua atipicità è proprio l’eccezione che conferma la regola), assai poco di salvaguardia ambientale, ma anche, per esempio, dei modelli di equilibrio demografico: quanti immigrati vogliamo? Con quale politica di accoglienza? Mistero.
Ci sono però due aspetti che personalmente trovo molto interessanti e dei quali si discute, a margine della campagna elettorale, soprattutto grazie a due libri. LEGGI

La governance, Tremonti e le elezioni

Per concessione dell’editore, pubblico sul mio sito, in italiano e in inglese, l’articolo che ho scritto sul n. 18 di East, Europe and Asia Strategies. Si tratta di una lunga riflessione sulla necessità di una governance globale, che prende spunto da quanto sta accadendo in alcuni settori: ambiente ed energia, finanza, commercio internazionale.
L’articolo è stato scritto in gennaio. Mi sembra che gli eventi di questi ultimi due mesi abbiano rafforzato l’esigenza di un sistema globale di governo che, in mancanza di un potere centrale, non può che sostanziarsi in una serie di accordi tra gli stati nazionali: è questo appunto il senso della parola “governance” applicata alle relazioni internazionali.