Ugo la Malfa: i beni pubblici per la felicità dei cittadini

Mio figlio Pietro, che è un rigoroso, dice che in questi casi bisogna pubblicare un disclaimer, cioè dichiarare i rapporti di parentela o di amicizia con la persona citata nel blog. E allora dichiaro che conosco Paolo Soddu da più di trent’anni, per un’amicizia di famiglia. Questo però non mi impedisce di parlar bene del suo lavoro perché si tratta di uno storico di valore, che ha scelto un tema prezioso anche per riflettere sulla crisi di oggi.
Ho assistito al Senato, mercoledì 29, alla presentazione del volume “Ugo La Malfa – Il riformista moderno” (Carocci Editore), scritto da Paolo Soddu. Era presente il Capo dello Stato. Il libro ha già avuto, come è giusto, recensioni lusinghiere da giornalisti e storici come Nello Ajello, Piero Craveri, Giuseppe Galasso, Nicola Tranfaglia. Hanno parlato del libro Giovanni De Luna, Galasso, Paolo Savona, mentre Enzo Bianco, Carlo De Benedetti, Antonio Maccanico, Eugenio Scalfari hanno fornito testimonianze personali. Inevitabile la nota di rimpianto rispetto ai politici e alla politica di oggi.

Il ’68 con un tigre nel motore

All’inizio del 1968, quando il mondo giovanile stava per vivere la più grande ribellione collettiva del secolo, io avevo 25 anni ed ero capo dell’ufficio stampa della Esso Standard Italiana. Ero certamente un giovane sveglio, favorito dalla conoscenza dell’inglese: da ragazzo avevo trascorso dodici mesi nel Nebraska con una borsa di studio dell’American Field Service, poi a 19 anni avevo lasciato Milano per Roma, con un lavoro come operatore alle telefoto dell’Associated Press, ma soprattutto con la voglia di vivere da vicino l’avventura del primo centrosinistra, con Ugo La Malfa al ministero del bilancio. Non avevo le idee chiare, ma ero un giovane repubblicano e “volevo esserci”.

Sabato mattina, alla Costituente Socialista…

I giornali non hanno dato conto dell’entusiasmo che si respirava alla Costituente Socialista. L’Auditorium della tecnica era strapieno, moltissimi i giovani, interessanti le proposte nelle assise che si sono definite come “le primarie delle idee”. Ecco cinque aspetti che ho apprezzato particolarmente. Il simbolo, con il coraggio di dare l’addio al garofano craxiano per adottare la rosa sul cerchio stellato del Partito Socialista Europeo. La capacità di cercare un punto di contatto costruttivo con uomini e storie diverse, anche al di là della diaspora socialista. La compostezza lucida di Boselli. Il discorso del presidente dei socialisti europei Rasmussen, che ha declinato senza imbarazzi il tema della flexicurity. La stella polare di un convinto laicismo, che pone comunque i socialisti a fianco di Pannella e della Bonino. Insomma, anche se ho subito in prima persona qualche prepotenza dei socialisti della Prima repubblica, credo che oggi si possa puntare sul nuovo partito.

Mi chiamo Speroni, mio nonno era mugnaio sull’Olona, però…

Alcuni commenti al mio precedente post che ho ricevuto sul blog e a voce m’inducono a una precisazione. Anche se la mia famiglia proviene dal cuore della Lombardia, anche se porto lo stesso cognome dell’eurodeputato Francesco, ex segretario di Umberto Bossi, non sono a favore della divisione del Nord dal resto del Paese. Ho solo cercato di descrivere i rischi che il Paese sta correndo e mi sembra che l’escalation dei toni sul tema della secessione giustifichi la mia preoccupazione. Ma chi legge articoli sullo schermo anziché su carta troppo spesso giudica in modo frettoloso. Oggi sul web si usa una lettura “impressionistica”; difficilmente ci si ferma a leggere fino in fondo un articolo, e comunque lo si fa così in fretta che non se ne colgono tutte le implicazioni.