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3 maggio 20131 CommentoDialoghi tra padre e figlio, Futuro, Globalizzazione, Libri, Migrazionidi Donato Speroni

È tempo di passare dai sogni all’azione. Nel mondo ci sono centinaia di milioni di persone, forse miliardi, che hanno valori comuni e la Rete aiuta a metterli in relazione. In futuro questi legami saranno ancora più forti: il sogno di un movimento transnazionale globale che incida davvero sui comportamenti dei governi e delle organizzazioni regionali e mondiali può diventare realtà. Ne abbiamo bisogno perché il Pianeta è al collasso. Proviamo a enunciare i punti fondanti di una possibile “Agenda Mondo”: diritti delle donne, difesa delle libertà individuali e lotta agli integralismi, sostenibilità ambientale, rinnovamento del capitalismo per far fronte ai crescenti squilibri sociali, un codice etico sulle integrazioni uomo macchina. E tanto altro ancora.

«Imagine all the people…». È passato tanto tempo da quando John Lennon, all’indomani del 1968, lanciò la famosa canzone che sognava un mondo senza confini.

Il Pianeta nel frattempo è andato in senso opposto, squassato da fanatismi, crisi finanziarie ed egoismi nazionali. Eppure il sogno potrebbe tornare attuale perché il 21° secolo ha aggravato molti problemi, dall’economia all’ambiente, e ha reso ormai inutili le ricette limitate a un solo Paese.

Intanto il progresso ha facilitato i collegamenti tra le persone al di fuori di qualsiasi confine, creando una rete virtuale che ai tempi dei Beatles non si poteva neppure immaginare.

Attenzione, però: non c’è da farsi illusioni. Per risolvere i problemi più gravi, quelli che investono l’intera umanità, non basta il sistema delle organizzazioni internazionali, specchio degli interessi degli Stati partecipanti, senza una capacità vera di governance globale.

D’altra parte i leader nazionali hanno un’ottica di breve periodo (la rielezione) e sono fortemente condizionati dalla politica-spettacolo e dai sondaggi che obbligano a nascondere sotto il tappeto le questioni più complesse e difficili. Succede in Italia, ma non solo qui.

Non possiamo neppure sperare che il grande movimento dal basso dei social networks e dell’ethical living ci sforni le soluzioni necessarie. Paul Hawken, giornalista ed ecologista, ha stimato che nel mondo esistano oltre un milione di organizzazioni che si occupano di ambiente, qualità della vita e giustizia sociale. Lo ha scritto nel suo libro Moltitudine inarrestabile del 2008 e da allora il numero è ulteriormente cresciuto. Si tratta però di un movimento «frammentato, non organizzato, orgogliosamente indipendente». Un movimento che influenza le opinioni pubbliche, ma propone soluzioni parziali, confuse e spesso contraddittorie.

E allora? Nei prossimi anni, di fronte all’urgenza dei problemi globali, si rafforzeranno le organizzazioni transnazionali con obiettivi comuni. Come le diverse Chiese che da sempre si pongono obiettivi che superano i confini, è probabile che si diffondano anche i movimenti laici (nel senso di non religiosi) di dimensioni mondiali.

Questi nuovi ‘partiti internazionali’ saranno ben diversi dalle attuali ‘internazionali dei partiti’ che mettono a confronto soltanto i leader nazionali. Cercheranno di agire sui governi e sulle organizzazioni multilaterali, regionali e planetarie, per attuare programmi validi per tutto il Pianeta, sulla base di valori etici e obiettivi politici condivisi.

Ci vorranno molti anni perché questi movimenti abbiano successo (se mai avranno successo), ma il seme è già gettato.

Marco Pannella, egocentrico visionario, lo ha intuito da tempo con il suo Partito radicale non violento transnazionale e transpartito che ha condotto alcune battaglie importanti come quelle di Emma Bonino contro la pena di morte e le mutilazioni genitali femminili. La sua però continua a essere una formazione di estrema minoranza.

Riproviamo dunque a cantare la canzone dei Beatles. Di fronte alla ‘Tempesta perfetta‘ che ci sta già capitando addosso, facciamo uno sforzo di immaginazione, paragonabile a quello dei leader che durante la Seconda Guerra mondiale idearono il sistema basato sulle Nazioni unite e sugli accordi di Bretton Woods.

Facciamolo, sapendo bene che la televisione e la Rete hanno cambiato i rapporti tra eletti ed elettori: nessun politico potrebbe avere la stessa lungimiranza, oggi, senza un grande consenso che parte dal basso.

Si può costruire questo consenso? In altre parole, può sorgere un partito globale effettivamente rilevante e possiamo immaginarci un programma sul quale questo partito potrebbe chiamare a raccolta i popoli del mondo?

Le differenze culturali e sociali dei sette miliardi di abitanti del Pianeta sono gigantesche, ma internet ci insegna che non è così difficile trovare valori comuni che poi si impongono anche ai decisori politici.

Per esempio, non «l’esportazione della democrazia» che ha fatto solo guai, ma certamente la difesa della libertà d’informazione e di pensiero.

La Rete è fondamentale in questo processo. Entro pochi anni il dialogo globale, già facilitato dalla diffusione dell’inglese, sarà reso sempre più ampio dal miglioramento delle traduzioni automatizzate. Già oggi i Moocs, corsi online aperti a tutti e promossi dalle migliori università prevalentemente americane, uniscono centinaia di migliaia di persone, non solo giovani, dalla Siberia al Brasile, in un corale sforzo di apprendimento e di dialogo che supera tutte le barriere.

Per passare dalle buone intenzioni collettive all’azione politica efficace, un movimento transnazionale ha bisogno di un’Agenda mondo.

Non credo che sia un’utopia, ma uno scenario che si imporrà se vogliamo sopravvivere decentemente, senza seguire la rassegnata profezia di Jorgen Randers nella sua previsione globale per il 2052. L’autore norvegese suggerisce di allenare i nostri figli ai videogiochi e di dissuaderli dall’amore per la natura perché tra 40 anni il Pianeta sarà così degradato che dovremo vivere chiusi in casa.

Proviamo allora a delineare questa Agenda anche perché questo sforzo di immaginazione ci aiuta a inquadrare meglio le scelte politiche che dobbiamo fare a livello nazionale.

È ovvio che un programma transnazionale, valido per quella parte di popolazione che ha valori comuni dall’Egitto alla Danimarca, dagli Stati Uniti alla Cina, comporta genericità e limitazioni. Ogni formazione politica per affermarsi ha bisogno di compromessi, ma ci sono princìpi sui quali costruire il consenso globale.

Ho provato a indicarne alcuni; senza pretesa di completezza, e con molte idee personali e forse opinabili. La scelta è aperta e siete tutti invitati a collaborare.

CONTROLLO NASCITE E DIFESA DONNE. Il contenimento della crescita della popolazione mondiale si fa anche con i contraccettivi, ma soprattutto promuovendo l’educazione femminile, che modifica radicalmente i comportamenti familiari.

La parità di genere, il cosiddetto empowerment, cioè l’uguale accesso alle posizioni di potere, e la difesa dei diritti delle donne devono essere al primo posto nel programma di un movimento di questo genere.

LOTTA A TUTTI GLI INTEGRALISMI. Chiunque predica la violenza, sulla base di un’ideologia è un avversario. Chi la pratica è un nemico da combattere, possibilmente in modo pacifico, ma anche con le armi, se necessario.

La libertà religiosa e di manifestazione del pensiero, la lotta a tutti i comportamenti che opprimono la dignità umana (minoranze, carcerati, schiavi di lavori indecenti) sono principi fondamentali di questo programma.

LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE. È ormai certo che il cambiamento dei modelli di consumo, l’efficienza energetica, la riduzione delle emissioni, sono scelte necessarie all’intero Pianeta per contenere il riscaldamento globale.

I governi sono divisi: chi ha inquinato finora vorrebbe che gli altri non aumentassero troppo i consumi; chi sta crescendo non vuole pagare i costi aggiuntivi del disinquinamento necessario per i danni fatti da altri. Schematicamente, il Nord contro il Sud, l’Ovest contro l’Est. Intanto l’ambiente peggiora e consumiamo le risorse naturali a un ritmo che non può continuare. Il compromesso sostenibile può essere imposto solo da una forza politica transnazionale che abbia la capacità di elaborare soluzioni coraggiose e di farle capire ai popoli. La gente, di fronte a tante catastrofi ambientali, comincia a rendersi conto dell’urgenza del tema.

«It’s global warming, stupid», ha titolato Business week dopo l’uragano Sandy. L’ultimo rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia ci dice che le tecniche sono già oggi disponibili. Bisogna  essere disposti a condividerne il costo.

SALVARE I VANTAGGI DEL CAPITALISMO, ADEGUANDOLO ALLA NUOVA EPOCA . Ma non è tutto. Decine di milioni di persone sono destinate a cambiare nazione nei prossimi anni per povertà, guerre o carestie, mentre il lavoro rischia di ridursi e la ricchezza si concentra a seguito dell’informatica e dei nuovi sistemi di produzione robotizzati.

È necessaria una linea condivisa sulle migrazioni e l’integrazione delle culture. Ci serve anche l’elaborazione di una proposta non utopica di cambiamento del modello economico. Non solo si deve combattere la povertà estrema negli angoli più remoti del mondo; dobbiamo invertire la tendenza all’aumento delle diseguaglianze che si sta accentuando all’interno di quasi tutte le nazioni, anche da noi.

Si tratta insomma di salvare i vantaggi del capitalismo, sistema senza alternative plausibili che ha consentito a miliardi di persone un benessere senza precedenti, adeguando però gli ingranaggi dell’economia a un’epoca nuova.

Come spiega l’economista (e consulente dell’Onu) Jeffrey Sachs, non ci si può illudere di risolvere una crisi globale e strutturale mettendo un po’ più di soldi nelle tasche dei consumatori, ma neanche lasciando mano libera al mercato.

L’arcaica contrapposizione tra keynesiani e liberisti ha fatto il suo tempo.

PUNTARE SULLA TECNOLOGIA. La tecnologia è indispensabile per risolvere i problemi più gravi dell’umanità, ma sconvolge le relazioni sociali e gli equilibri politici: si pensi all’impatto di internet e dei telefoni cellulari negli ultimi 10 anni, dalle megalopoli ai villaggi africani.

Il progresso ci sta trasformando, nel bene e nel male, e si prevede ci cambi ancora di più in futuro, aumentando la durata della vita e forse creando un uomo cibernetico integrato con le macchine: ci siamo già vicini.

È necessario sforzarsi di definire un codice etico condiviso che non blocchi la ricerca, ma ne sappia anche valutare le implicazioni.

Queste sono questioni certamente da approfondire: molti altri temi globali vanno affrontati in aggiunta a questi, ma l’impegno a disegnare un’Agenda mondo può aiutarci a capire le priorità sulle quali dovremo necessariamente confrontarci nei prossimi anni, senza perdere altro tempo.

Tutti gli altri problemi e comportamenti collettivi (politiche nazionali ed europee, nuovi obiettivi delle Nazioni unite per questo millennio, gestione dei debiti pubblici, buone pratiche sociali) sono solo pezzi di questo gigantesco mosaico che dobbiamo sforzarci al più presto di immaginare e di comporre.

Questo articolo è stato pubblicato da Lettera 43 nel gennaio 2013. Ho aggiornato il titolo e ho inserito i link ai testi citati.

ambienteDonneenergiaFuturoGlobalizzazioneGovernanceInternetNazioni uniteRadicali
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